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Oggi, 23 ottobre 1802, muore a Venezia Ludovico Manin, l'ultimo dei dogi. Il 120°

23/10/2025 10:06

Andrea Perin

ALMANACCO,

Oggi, 23 ottobre 1802, muore a Venezia Ludovico Manin, l'ultimo dei dogi. Il 120°

Buongiorno a tutti. Anche oggi il post ha un testo abbastanza impegnativo però fa un po' di chiarezza (spero) sulla fine dell'antica repubblica e su c

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Buongiorno a tutti. 
Anche oggi il post ha un testo abbastanza impegnativo però fa un po' di chiarezza (spero) sulla fine dell'antica repubblica e su cosa fu il '700 veneziano.

 

Oggi, 23 ottobre 1802, muore a Venezia Ludovico Manin, l'ultimo dei dogi. Il 120°. 

 

Iniziamo subito con un piccolo "giallo". Chi googlerà lo troverà morto il 24, ma vi assicuro che sulle mie fonti cartacee, alcune ben fatte, lo danno oggi 23 ottobre. Ne L’Ultimo dei Dogi, Massironi e Distefano il 23, Andrea Da Mosto nel suo librone I Dogi di Venezia parla invece del 24, ecc.
Ce ne facciamo una ragione e ne parliamo oggi. 

 

Che dire, sapete quando dicono la persona giusta nel posto giusto e magari nel momento giusto?
Ecco, Ludovico Manin forse fu l’esatta antitesi di tutte tre le cose. 
Con lui terminò la millenaria Repubblica di Venezia.

 

Vai a capire, alcuni studiosi in parte lo giustificano, asserendo che la Serenissima era comunque prossima alla sua fine, e, facendo un paradosso, che se al suo posto vi fosse stato il generale Napoleone non sarebbe cambiato nulla.

In altri fonti storiche, lette in passato... ma da qualche parte le ho, invece vai a leggere che il ’700 fu un grande secolo per la Serenissima, caratterizzato da prosperità e serenità trasversali nella popolazione forse mai viste prima nella sua storia. Basta pensare al raggiungimento del Trattato di Passarowitz (è in Serbia) nel 1718. 


In pratica l’Impero Ottomano subì una battuta d’arresto nella sua espansione nel Mediterraneo, anche perché ricevette una bella batosta a Corfù dai Veneziani. Nella terra ferma intervennero gli austriaci. 
I “nostri” persero vasti territori e isole, si pensi alla Morea, ma raggiunsero stabilità nel Nord Adriatico e a quanto pare la pace definitiva col Turco, uno scontro che durava da secoli.

 

Il ’700 veneziano fu un’esplosione di arte e cultura, consiglio a tal proposito una visitina al Museo del Settecento Veneziano.
Venezia dettò legge in tutta Europa su arte e buon  gusto. Ma anche economicamente fu uno periodo di sviluppo, il porto non era quello del '4-500, quando Rialto era l'ombelico del mondo, ma era uno dei più vivaci d’Europa e si stava diffondendo l’industrializzazione.

 

A leggere certa "romanzeria", delle volte hai l’impressione che questi si fecero mettere nel sacco da Napoleone perché erano tutti in festa ubriachi e occupati nelle loro orge. 

Vero! Il Carnevale durava tantissimo, quasi sei mesi di feste, maschere, droghe, alcool, lascivia totale... e con Papa a Roma un patrizio veneziano ma questo perché... beh, perché il Carnevale portava nella capitale un sacco di soldi. Tanti Soldi.  Allora non erano ancora chiamati schei, magari vi racconterò anche questa.
Come vedete i punti di vista sono importanti. 

 

Io, ripeto, sono convinto che se al posto di Ludovico Manin in quegli anni terribili che precedettero la caduta della repubblica vi fosse stato un Andrea Gritti, un Francesco Foscari o, esageriamo, un Enrico Dandolo: l’artefice della fine dell’Impero Bizantino (1204) iniziata sulla carta come una crociata, tranne che nella sua testa... beh, le cose sarebbero andate diversamente. 

(PS aggiornamento: sull'argomento finalmente è stato scritto un libro storico dal titolo chiaro e coraggioso: "Quando Venezia distrusse l'Impero Romano". Ce l'ho in scaletta... vi farò sapere).

 

Certo! Non sono un indipendentista veneto, alla fine lo Stato de Tera sarebbe diventato Italia; Venezia era piena di futuri patrioti, ma magari avremo avuto un’Italia più federale, come era nelle intenzioni tra l’altro, e magari maggiormente estesa all’Adriatico. 
Però, come scrisse qualcuno, specie parlando di storia, con i “se” non si va da nessuna parte. 

 

Scusate, come sempre sono andato a braccio e più che dell’ultimo doge ho parlato delle mie emozioni sulla storia di quel secolo.

 

Il Manin era ricchissimo, talmente ricco che Napoleone volle uno studio per capire come un privato potesse esserlo tanto – giuro che da qualche parte l’avevo letto –; probabilmente per i francesi era inimmaginabile l’idea che vi potessero essere famiglie così tanto ricche, intendo ricche quanto uno dei loro monarchi.  Andate a vedervi la casetta di campagna di famiglia in Friuli. 

 

Ovviamente il Manin non era ricchissimo in quanto doge, anzi, forse era il contrario... in effetti nasce quasi un paradosso che ha fatto breccia anche ai giorni nostri: ricco, quindi incorruttibile! 

 

Potete ammirare la sua bella tomba, di famiglia in verità, nella prima chiesa barocca – tra l’altro stupenda – che incontrate uscendo dalla stazione; gli Scalzi (scatto di sabato scorso con chiesa e ponte).

 

Fu odiatissimo, soprattutto dal popolo, lo sfottevano in continuazione anche perché non volle mai lasciare Venezia. Su di lui canzoncine, sonetti e altro ancora. Ricordo un quadro ''dogale'' dove tutto in pompa pare che abbia le orecchie di un coniglio. Questo scatenò in seguito molta ironia.

 

No! Diciamolo, non avrebbe mai sguainato la spada partendo col suo cavallo alla carica contro il generale francese, ma era persona generosa; nel suo testamento lasciò tantissimi soldi in beneficenza, una vagonata di ducati d'oro.
Di mio, ho voluto un po’ capire la natura e lo sviluppo di questo lascito... ecco: diciamo che tra dominio francese, poi austriaco, poi francese, poi austriaco, scriba, avvocati... le cose si son fatte un po’ lunghe, insomma, per certi versi era già l’Italia dei giorni nostri. 

 

Se vi capita di passare sulle Fondamenta Nove (di fronte al Cimitero di San Michele) sappiate che è lì che trascorse molto tempo degli ultimi anni della sua vita: passeggiando. 

 

Ciao!


 

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